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Il mondo sommerso

Sono passati dieci anni. Dieci anni di navigazioni, naufragi, derive, approdi.
Abbiamo imparato ad attraversare molti cambiamenti e ad adattarci.

Dopo tutto questo tempo c’è una domanda che continua a tormentarmi: un artista è in grado di trasformare la realtà e di plasmarla secondo la sua visione? Oppure è costretto a sottomettersi a essa? Deve farsi strumento per narrarla e rivelarla o stravolgere di continuo il punto di vista di chi la osserva? Fatto sta che a distanza di questi dieci anni molte cose sono cambiate nel mondo reale,
che è sempre più difficile da raccontare. Chi è nato in un epoca in cui la tecnologia non era ancora un elemento imperante e indispensabile nelle nostre vite forse ricorderà anche che esisteva il teatro, un luogo oggi misterioso e sommerso.

Il nostro compito di direttori artistici in questi dieci anni è stato quello di tenere aperte le porte di questo teatro, l’Argot Studio. Abbiamo dovuto affrontare debiti, truffe, lavori di manutenzione, adeguamento delle norme di sicurezza, definanziamento pubblico, accise sulla benzina, libero mercato, promozione social e sponsorizzazioni, minacce di sfratto e la sempre più remota possibilità di poterci garantire una retribuzione adeguata ai nostri investimenti.

È normale, anzi fondamentale chiedersi perché. La risposta che ci siamo dati per tutti questi anni e che continuiamo a darci è legata a un senso di appartenenza ad una comunità, quella degli uomini, che offre molti diritti ma anche numerosi doveri. Quando, negli ultimi mesi, si sono susseguite le cronache di tutte quelle vite che arrivavano da lontano, dopo aver superato centinaia di pericoli,
ma non riuscivano a raggiungere la terra ferma, ci siamo interrogati. Dopo tutte quelle notizie di navi ferme in mare e di porti che rimanevano chiusi, abbiamo ritrovato ancora una volta il senso di quello che stavamo facendo: abbiamo un teatro all’interno di una città. Il nostro compito è tenerlo aperto, renderlo un luogo attraversabile e ospitale. All’interno di questo luogo dobbiamo saper
accogliere gli artisti che hanno la necessità di raccontarci e rappresentare il loro mondo interiore e sommerso. All’interno di questo luogo dobbiamo saper raccogliere il pubblico, le persone che cercano ancora una zona di confronto con l’artista, cioè con chi riesce a portarli alla scoperta di quel mondo sommerso e interiore che ci avvicina a noi stessi e agli altri. Dobbiamo essere un porto aperto.

In luoghi come questo le persone si incontrano, si conoscono, parlano, studiano insieme e imparano a guardare e ad ascoltare l’altro nel buio di una sala. Creano una lingua comune che gli permette di comprendersi e accettarsi. Nei teatri come il nostro, per una questione di limite, spaziale e fisiologico, è difficile mettere insieme molte persone. Si può entrare solo pochi alla volta. Non è possibile andare di fretta, bisogna prendersi il tempo. Qui non è possibile restare “connessi” con il resto del mondo. Il rumore del mondo resta fuori. Per poter entrare in contatto con sé stessi occorre prendersi il rischio di superare una soglia e scendere sotto la superficie, in profondità. Dopo questa odissea interiore è possibile risalire in superficie e tornare nella società con uno sguardo diverso che può cogliere meglio la luce e che accende di bellezza il mondo.

Direzione Artistica
Tiziano Panici

«Da te sia l’inizio, Febo, a che io ricordi le gesta
degli eroi antichi che attraverso le bocche del Ponto
e le rupi Cianee, eseguendo i comandi di Pelia,
guidarono al vello d’oro Argo, la solida nave.»
(Apollonio Rodio, Le Argonautiche)

La leggenda dice che sulla nave Argo(t) ci fossero 50 eroi, ma sono molti di più su questa nave, sono un’intera comunità, perché per fare arte oggi bisogna essere eroi.

E allora anche gli argonauti di questo ennesimo viaggio (il trentacinquesimo della storia di Argot, il decimo di questa nuova rotta) solcheranno mari in tempesta e affronteranno mostri marini, incontreranno nuovi popoli e conosceranno nuovi mondi alla ricerca di quel mitico Vello d’oro che ha il potere di guarire le ferite.

Questa casa galleggiante sarà abitata da un equipaggio valoroso che navigherà ininterrottamente per 10 lunghi mesi: grandi condottieri come Vinicio Marchioni, Elena Arvigo, Elio Germano, capitani di lungo corso come Umberto Marino e Paolo Zuccari, gruppi di marinai abituati alla battaglia come Teatrodilina, Capotrave e Controcanto e tanti altri giovani compagni di viaggio.

E insieme a loro naviganti più audaci che lasceranno la nave Argo(t) e proseguiranno il viaggio da soli per raggiungere luoghi più lontanti. Anna Bonaiuto e Vanessa Scalera, Alessandro Tedeschi e Chiara Francini, Francesca Reggiani e Roberto Tarasco saliranno su nuovi velieri con la bandiera Argot in poppa e approderanno in porti nuovi alla ricerca, anche loro, del Vello d’oro.

Probabilmente i nostri eroi non lo scoveranno, ma lo cercheranno con passione e determinazione e alla fine ci regaleranno la meravigliosa illusione di averlo trovato. E se anche non ci farà guarire ci aiuterà sicuramente a vivere meglio.

Direzione Artistica
Francesco Frangipane